In many seismically active areas (e.g. Italy, Greece) earthquakes, sometimes destructive, nucleate within (aftershocks surely do) and propagate through carbonates in the upper crust (e.g. L’Aquila earthquake, 2009, Mw 6.1). Seismology, geophysics and geodesy furnish key parameters related to the earthquake source (e.g. seismic moment, static stress drop, radiated energy) but lack sufficient resolution to constrain detailed three-dimensional fault zone geometry and coseismic on- and off-fault deformation processes at scales relevant to earthquake physics. In this thesis it is proposed to study the internal structure and mechanics of fault zones hosted in carbonate rocks using a multidisciplinary approach, complementary to the seismological-based one. This includes detailed structural survey to quantify the architecture of exhumed fault zones in carbonates both by field and remote sensed methods (e.g. use of a drone to get high-resolution aerial images), rock deformation experiments under conditions relevant to the seismic cycle (e.g. use of rotary shear apparatus, uniaxial press, Split Hopkinson Pressure Bar), microstructural-mineralogical characterization (optical and scanning electron microscopy, electron microprobe analyses, X-ray powder diffraction, cathodoluminescence, X-ray microtomography, white light interferometry, image analysis) of natural and experimental fault rocks to infer the physico-chemical processes occurring during earthquakes. Two fault zones cutting dolostones exhumed from < 3 km depth in the Italian Southern Alps were described: the Borcola Pass Fault Zone (BPFZ) and the Foiana Fault Zone (FFZ). In both cases the internal structure of the two fault zones was strongly influenced by the reactivation of preexisting anisotropies such as regional-scale joint sets and bedding surfaces. The BPFZ is a secondary strike-slip branch of the regional Schio-Vicenza Line that developed in a fluid-rich upper crustal environment. The microstructural characteristics of the principal and secondary slip zones of the BPFZ, including detailed analysis of the clast size distribution of injected cataclasites, suggested coseismic fluidization processes during faulting, most likely related to the propagation of ancient seismic ruptures in to the shallow crust. The FFZ is a major sinistral transpressive fault zone that developed in a fluid-poor upper crustal setting. Systematic along-strike and down-dip changes in the structure of the FFZ were recognized, allowing a comparison to be made between field observations and the predictions of three-dimensional earthquake rupture simulations. A noteworthy characteristic of the FFZ is the presence of thick belts (hundreds of meters) of in-situ shattered dolostones cut by discrete mirror-like fault surfaces. The origin of mirror-like fault surfaces and in-situ shattered dolostones in the FFZ was investigated using, respectively, low- to high-velocity (0.0001-1 m/s) rotary shear friction experiments on dolostone gouges and low- to high-strain rate (quasi-static 10-3 s-1, dynamic > 50 s-1) uniaxial compression tests on dolostone rock cylinders. At applied normal stresses and displacements consistent with those estimated for the FFZ, experimental mirror-like fault surfaces comparable to the natural examples (e.g. clast truncation along fault surfaces, similar surface roughness) were formed in rotary-shear experiments only at seismic slip rates (v ≥ 0.1 m/s). I suggest therefore that small-displacement mirror-like fault surfaces developed in dolostone gouge layers represent markers of seismic slip. In-situ shattered dolostones similar to those found within the FFZ (i.e. rock fragments up to a few millimeters in size elongated in the stress wave loading direction, incipient zones of microfracturing down to the micrometer scale) were formed during uniaxial compression tests only above strain rates of ~ 200 s-1. The association of in-situ shattered dolostones cut by discrete mirror-like fault surfaces is interpreted to record the propagation of multiple earthquake ruptures within the shallow crustal portions of the FFZ. Lastly, the structural complexity of the studied fault zones in terms of three-dimensional geometry of the fault-fracture network, fault rock spatial distribution, fault orientation and kinematics, compares favorably to the predicted damage distribution in three-dimensional earthquake rupture simulations, as well as the structure of active seismic sources hosted in carbonate rocks as illuminated by seismological techniques
In molte regioni sismiche dell’area Mediterranea, tra cui l’Italia e la Grecia, gran parte dei terremoti, anche distruttivi, enucleano e propagano in sequenze di rocce carbonatiche della crosta superiore (terremoto dell’Aquila, 2009, Mw 6.1). Questo è vero soprattutto per le sequenze di foreshock e aftershock. Le indagini sismologiche, geofisiche e geodetiche forniscono dei parametri fondamentali per la caratterizzazione delle sorgenti sismiche (momento sismico, caduta di sforzo statico, energia elastica irradiata) ma non hanno risoluzione spaziale sufficiente per descrivere in maniera dettagliata la geometria delle sorgenti sismiche e i processi chimico-fisici attivi nelle zone di faglia durante un terremoto. Questi aspetti limitano fortemente la nostra conoscenza della fisica dei terremoti. In questa tesi la struttura interna e le proprietà meccaniche di zone di faglia sismogenetiche in rocce carbonatiche sono state studiate utilizzando un approccio multidisciplinare e complementare rispetto a quello classico basato su dati sismologici principalmente ricavati dall’inversione delle onde sismiche. I metodi utilizzati sono: (i) il rilevamento strutturale di dettaglio di zone di faglia esumate in carbonati con tecniche di terreno e di telerilevamento (ad es. utilizzo di un drone per ottenere immagini ad alta risoluzione di grandi affioramenti), (ii) la realizzazione di prove meccaniche su roccia (e polveri di roccia) in condizioni di deformazione rilevanti per il ciclo sismico (utilizzo di apparati di tipo rotary, pressa uniassiale e Split Hopkinson Pressure Bar), (iii) lo studio mineralogico-microstrutturale (microscopia ottica e a scansione elettronica, microsonda elettronica, diffrazione a raggi X su polveri, catodoluminescenza, microtomografia a raggi X, interferometria in luce bianca, analisi di immagine) di rocce di faglia naturali e sperimentali per vincolare i processi chimico-fisici attivi in carbonati durante un terremoto. Sono state selezionate due zone di faglia in dolomie: la zona di faglia del Passo della Borcola (BPFZ) e la zona di faglia di Foiana (FFZ). Entrambe le zone di faglia sono esumate da profondità < 3 km e affiorano nel settore delle Alpi Meridionali (Italia). L’architettura interna delle due zone di faglia è fortemente controllata dalla riattivazione di strutture ereditate come sistemi di giunti a scala regionale e superfici di strato. La BPFZ è una faglia secondaria trascorrente appartenente al sistema della Linea Schio-Vicenza. La presenza all’interno della BPFZ di zone di scivolamento estremamente localizzate e spesso organizzate in livelli cataclastici ed ultracataclastici con bordi irregolari (a lobi e cuspidi), iniettati lungo fratture estensionali e caratterizzati da una forte selezione granulometrica ha suggerito l’attivazione di fenomeni di fluidizzazione durante la propagazione di rotture sismiche in un ambiente ricco in fluidi. La FFZ è una faglia transpressiva sinistra a scala regionale che presenta sistematiche variazioni nella propria struttura interna (e.g. spessore della zona di faglia, orientazione e cinematica delle faglie minori) lungo la direzione e l’immersione della faglia. La zona di faglia esposta è caratterizzata dalla presenza di dolomie frantumate senza evidenze significative di deformazione per taglio (dolomie frantumate in-situ) associate a faglie con piccoli rigetti (< 0.5 m) e superfici a specchio con clasti troncati. L’assenza di vene o fratture sigillate indica che la fagliazione è avvenuta in un ambiente povero in fluidi. L’origine delle faglie con superfici a specchio e delle dolomie frantumate in-situ della FFZ è stata investigata attraverso esperimenti eseguiti (1) con un apparato di tipo rotary imponendo basse ed alte velocità (0.0001-1 m/s) di scivolamento su polveri di dolomia e (2) con un pressa uniassiale e una Split Hopkinson Pressure Bar imponendo basse ed alte velocità di deformazione (quasi-statiche 10-3 s-1, dinamiche > 50 s-1) su cilindri di dolomia. Applicando le condizioni di sforzo normale e rigetto stimate per le faglie della FFZ, superfici a specchio simili a quelle naturali in termini di rugosità delle superfici e di microstrutture (presenza di clasti troncati lungo le superfici di faglia), sono state prodotte negli esperimenti di tipo rotary solo a velocità di scivolamento cosismiche (v ≥ 0.1 m/s). Inoltre dolomie frantumate in-situ con microstrutture simili a quelle descritte lungo la FFZ (frammenti di roccia con dimensioni fino a qualche millimetro allungati nella direzione di applicazione del carico e zone di microfratturazione incipiente) sono state prodotte negli esperimenti con la Split Hopkinson Pressure Bar solo a ratei di deformazione > 200 s-1 : tali ratei di deformazione sono in genere associati alle perturbazioni di sforzo dovute al passaggio di una rottura sismica. Pertanto l’associazione di dolomie frantumate in-situ tagliate da faglie discrete con superfici a specchio è stata interpretata come il risultato della propagazione di rotture sismiche nelle porzioni superficiali della FFZ. Infine, a livello qualitativo, la complessità strutturale delle due zone di faglia studiate in termini di geometria del network di faglie e fratture, distribuzione spaziale delle rocce di faglia, orientazione e cinematica delle faglie, è confrontabile sia con la distribuzione del danneggiamento di faglia predetta da simulazioni di rotture sismiche, sia con la struttura di sorgenti sismogenetiche attuali in carbonati desunta da osservazioni sismologiche
Structure and mechanical properties of seismogenic fault zones in carbonates / Fondriest, Michele. - (2014 Jan 29).
Structure and mechanical properties of seismogenic fault zones in carbonates
Fondriest, Michele
2014
Abstract
In molte regioni sismiche dell’area Mediterranea, tra cui l’Italia e la Grecia, gran parte dei terremoti, anche distruttivi, enucleano e propagano in sequenze di rocce carbonatiche della crosta superiore (terremoto dell’Aquila, 2009, Mw 6.1). Questo è vero soprattutto per le sequenze di foreshock e aftershock. Le indagini sismologiche, geofisiche e geodetiche forniscono dei parametri fondamentali per la caratterizzazione delle sorgenti sismiche (momento sismico, caduta di sforzo statico, energia elastica irradiata) ma non hanno risoluzione spaziale sufficiente per descrivere in maniera dettagliata la geometria delle sorgenti sismiche e i processi chimico-fisici attivi nelle zone di faglia durante un terremoto. Questi aspetti limitano fortemente la nostra conoscenza della fisica dei terremoti. In questa tesi la struttura interna e le proprietà meccaniche di zone di faglia sismogenetiche in rocce carbonatiche sono state studiate utilizzando un approccio multidisciplinare e complementare rispetto a quello classico basato su dati sismologici principalmente ricavati dall’inversione delle onde sismiche. I metodi utilizzati sono: (i) il rilevamento strutturale di dettaglio di zone di faglia esumate in carbonati con tecniche di terreno e di telerilevamento (ad es. utilizzo di un drone per ottenere immagini ad alta risoluzione di grandi affioramenti), (ii) la realizzazione di prove meccaniche su roccia (e polveri di roccia) in condizioni di deformazione rilevanti per il ciclo sismico (utilizzo di apparati di tipo rotary, pressa uniassiale e Split Hopkinson Pressure Bar), (iii) lo studio mineralogico-microstrutturale (microscopia ottica e a scansione elettronica, microsonda elettronica, diffrazione a raggi X su polveri, catodoluminescenza, microtomografia a raggi X, interferometria in luce bianca, analisi di immagine) di rocce di faglia naturali e sperimentali per vincolare i processi chimico-fisici attivi in carbonati durante un terremoto. Sono state selezionate due zone di faglia in dolomie: la zona di faglia del Passo della Borcola (BPFZ) e la zona di faglia di Foiana (FFZ). Entrambe le zone di faglia sono esumate da profondità < 3 km e affiorano nel settore delle Alpi Meridionali (Italia). L’architettura interna delle due zone di faglia è fortemente controllata dalla riattivazione di strutture ereditate come sistemi di giunti a scala regionale e superfici di strato. La BPFZ è una faglia secondaria trascorrente appartenente al sistema della Linea Schio-Vicenza. La presenza all’interno della BPFZ di zone di scivolamento estremamente localizzate e spesso organizzate in livelli cataclastici ed ultracataclastici con bordi irregolari (a lobi e cuspidi), iniettati lungo fratture estensionali e caratterizzati da una forte selezione granulometrica ha suggerito l’attivazione di fenomeni di fluidizzazione durante la propagazione di rotture sismiche in un ambiente ricco in fluidi. La FFZ è una faglia transpressiva sinistra a scala regionale che presenta sistematiche variazioni nella propria struttura interna (e.g. spessore della zona di faglia, orientazione e cinematica delle faglie minori) lungo la direzione e l’immersione della faglia. La zona di faglia esposta è caratterizzata dalla presenza di dolomie frantumate senza evidenze significative di deformazione per taglio (dolomie frantumate in-situ) associate a faglie con piccoli rigetti (< 0.5 m) e superfici a specchio con clasti troncati. L’assenza di vene o fratture sigillate indica che la fagliazione è avvenuta in un ambiente povero in fluidi. L’origine delle faglie con superfici a specchio e delle dolomie frantumate in-situ della FFZ è stata investigata attraverso esperimenti eseguiti (1) con un apparato di tipo rotary imponendo basse ed alte velocità (0.0001-1 m/s) di scivolamento su polveri di dolomia e (2) con un pressa uniassiale e una Split Hopkinson Pressure Bar imponendo basse ed alte velocità di deformazione (quasi-statiche 10-3 s-1, dinamiche > 50 s-1) su cilindri di dolomia. Applicando le condizioni di sforzo normale e rigetto stimate per le faglie della FFZ, superfici a specchio simili a quelle naturali in termini di rugosità delle superfici e di microstrutture (presenza di clasti troncati lungo le superfici di faglia), sono state prodotte negli esperimenti di tipo rotary solo a velocità di scivolamento cosismiche (v ≥ 0.1 m/s). Inoltre dolomie frantumate in-situ con microstrutture simili a quelle descritte lungo la FFZ (frammenti di roccia con dimensioni fino a qualche millimetro allungati nella direzione di applicazione del carico e zone di microfratturazione incipiente) sono state prodotte negli esperimenti con la Split Hopkinson Pressure Bar solo a ratei di deformazione > 200 s-1 : tali ratei di deformazione sono in genere associati alle perturbazioni di sforzo dovute al passaggio di una rottura sismica. Pertanto l’associazione di dolomie frantumate in-situ tagliate da faglie discrete con superfici a specchio è stata interpretata come il risultato della propagazione di rotture sismiche nelle porzioni superficiali della FFZ. Infine, a livello qualitativo, la complessità strutturale delle due zone di faglia studiate in termini di geometria del network di faglie e fratture, distribuzione spaziale delle rocce di faglia, orientazione e cinematica delle faglie, è confrontabile sia con la distribuzione del danneggiamento di faglia predetta da simulazioni di rotture sismiche, sia con la struttura di sorgenti sismogenetiche attuali in carbonati desunta da osservazioni sismologicheFile | Dimensione | Formato | |
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